domingo, 30 de junio de 2013

Agora



La parola agora deriva dal greco e significa assamblea o riunione e dà il nome alla piazza pubblica, centro artistico, spirituale e politico della città, dove è nata la democrazia nel secolo VaC

Democrazia significa “governo o potere del popolo” ed è il contrario della parola aristocrazia, che significa “governo o potere di una elite”.

Karl Popper definì in contrasto con al dittatura la democrazia, nella quale il popolo aveva l’opportunità di controllare i suoi rappresentanti e destituirli senza bisogno di una rivoluzione

Esistono due forme di base della democrazia: la democrazia rappresentativa, dove il popolo elegge i rappresentanti che si fanno carico di legiferare e di far eseguire le leggi. E la democrazia diretta, dove tutti e ognuno dei cittadini hanno una partecipazione attiva nel governo del paese.

Perché chiamiamo democrazia il sistema nel quale viviamo?

Forse che non è composto da una elite incancrenita che oltretutto non ci rappresenta?

Perché li votiamo?

Perché ci lamentiamo seduti?


Siamo idioti?

O abbiamo solo paura?

Paura di perdere il lavoro

Paura del futuro

Paura di non poter pagare il bollo della macchina e il mutuo della casa

Paura di non poter dare il meglio ai nostri figli

Paura dell’esclusione sociale, di provare vergogna, di non avere proprietà

Paura di essere un “signor nessuno”

Paura di sognare

Paura di essere libero
Paura di vivere
(traduzione Panta Fika)












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jueves, 27 de junio de 2013

Giorni di riposo


Dopo i primi intensissimi 15 giorni di giugno, la scorsa settimana mi sono visto costretto a farmi visitare dal fisioterapista….quello che cominciò con un pizzico al ginocchio è diventato alla fine insopportabile cosicché ho fissato un appuntamento  in un paio di giorni e  dopo la visita, il medico mi ha consigliato circa 10 giorni di riposo, esercizi per rinforzare il menisco e di mettere ghiaccio per 5 volte al giorno…

Così sono qui, solo a casa….Sono rimasto senza poter seguire il pomeriggio di garofani del sabato e continuo a non poter scendere oggi in strada per accompagnare quelli che marciano per il nostro compagno Ethem Sarisülük; ieri, il poliziotto che lo uccise con un colpo in testa è stato messo in libertà perché, secondo il suo avvocato, con la complicità del giudice, il poliziotto ha agito per difesa personale….vi lascio il video perché giudichiate voi stessi…

Nel riposo, in questi giorni ho avuto tempo, oltre che per annoiarmi, per analizzare con più calma la situazione nella quale ci troviamo. 
Le proteste in Turchia, sebbene nascano con contenuti che le differenziano da altri paesi, come possono essere la diversità culturale e soprattutto, lo scontro tra uno stato laico e l’auge di uno stato musulmano, sono inquadrabili dentro uno stesso malessere mondiale contro il sistema capitalista, esattamente come in Brasile, Italia, Spagna, Portogallo e altri paesi che conosciamo molto da vicino.

Il sistema basato sulla crescita economica si organizza e comporta sempre in accordo ai benefici e mai alle necessità delle persone. L’altro giorno un giornalista si chiedeva come sia possibile che queste proteste appaiano in paesi come Brasile e Turchia, paesi emergenti, con una gran crescita economica negli ultimi anni e considerati dall’opinione internazionale un esempio di successo.

Può essere che le cifre del PIL di questi paesi siano aumentate in questi ultimi anni per richiamare l’attenzione di più risparmiatori.

Però la realtà in Turchia (non conosco l’esempio del Brasile) è questa: negli ultimi dieci anni le imprese più grandi dei settori strategici sono passate in mani private e straniere; banche, telecomunicazioni, energia….le cifre della crescita economica  presuppongono in realtà una gran sfasatura con l’aumento del debito, le cui cifre non vengono mai mostrate. E, infine, il potere d’acquisto del cittadino non è aumentato nonostante l’aumento del salario: le spese per cibo, elettricità, acqua, gas, abitazione sono cresciute ad un ritmo maggiore del salario. Come diceva un amico: “arriviamo alla fine del mese con i portafogli vuoti”.

Siamo in un momento storico molto importante: la caduta del capitalismo. Non ho dubbi su questo.  I dubbi che ho girano intorno al cammino da seguire nella creazione di un nuovo sistema più giusto e egualitario, dove primeggi il beneficio del popolo con l’ambiente circostante, con il fondamento din una pace permanente tra le nazioni e l’obiettivo di perseguire la verità dell’esistenza, mediante la ricerca e la creatività.

La creazione di un nuovo sistema, come accade oggi, sarà aperto a variazioni multiple secondo culture e geografie.

Però penso che ci sono due grandi pilastri che devono essere totalmente distrutti quanto prima: uno è il sistema finanziario, basato sulla crescita costante di benefici e legato a influenze meramente speculative che alterano il valore della ricchezza che creiamo con il nostro lavoro. L’altro è la religione, che deve essere completamente messa a parte della sfera del pubblico, senza poter esercitare influenza alcuna nella organizzazione di nessuno stato.  Questo implica, nel caso della Spagna, separarla completamente dall’ istruzione ed eliminare completamente ogni forma di finanziamento statale.

Una volta distrutti questi due grandi pilastri, saremo pronti per riformare il resto di settori nondimeno importanti: salute, istruzione, energia, tecnologia e scienza, tutti basati su un equilibrio sostenibile tra la creazione di risorse e ricchezza e la popolazione demografica.

La salute non è un privilegio, ma un diritto.  Così che non può essere legata né al sistema finanziario, né ai profitti delle imprese farmaceutiche, né al potere d’acquisto del cittadino.

L’istruzione è la fonte di ricchezza più importante di qualsiasi società. L’istruzione deve essere flessibile e dinamica, basata sulla curiosità per la ricerca e la sperimentazione, con la creatività come principale strumento.

Come si può educare una generazione se il sistema educativo cambia ogni quattro anni e il ciclo educativo  proposto attualmente si basa su una durata da 20 a 25 anni?

Si devono stabilire le basi per la creazione di energie totalmente pulite e rinnovabili. Né la loro produzione, né il loro consumo possono essere legate a fattori di beneficio economico, ma alle necessità della società e alla loro sostenibilità.

La scienza e la tecnologia devono perseguire il miglioramento di vita di qualsiasi essere vivente, sempre in perfetto equilibrio con l’ambiente. La ricerca deve essere il motore che ci porti a perseguire la verità dell’esistenza.

Infine credo che lo studio della popolazione debba portarci a creare un modello demografico che realizzi un perfetto equilibrio tra la creazione di ricchezza e il lavoro necessario per sostenere un mondo egualitario e stabile. Il lavoro, senza dubbioo, è un altro diritto e non un privilegio per il quale ci sentiamo fortunati, come vogliono farci credere.

Come può essere che ci troviamo a ringraziare per il fatto di avere un lavoro o ricevere una paga alla fine del mese? Non sarebbe più normale che ci ringraziassero per lo sforzo e le ore che dedichiamo ai loro benefici?

Nel caso particolare della Turchia, le differenze culturali e religiose sono fondamentali nel cambiamento del sistema sociale che può spingere i differenti gruppi  alla violenza.

La Turchia è sempre stata una terra di confluenza e di mescolanza di culture. Nel 1923 Mustafa  Kemal Atartuk instaurò la repubblica laica di Turchia a partire dalla difesa delle zone di lingua turca discendenti del decaduto impero ottomano e dando luogo a novanta anni di una certa stabilità nonostante la coesistenza delle religioni musulmana, nelle sue varianti alevì e sunnita, con la cattolica, ortodossa e popolazioni giudaiche come quello turco, curdo, armeno, greco…

Di fronte a questo panorama complesso, il primo ministro Tayyip Erdogan, che sembra essere contro la stabilità, sta esibendo un atteggiamento provocatorio senza precedenti.

Dopo che le rivolte hanno scosso la stabilità del paese, Tayyip Erdogan ha deciso di mettere in moto la sua campagna elettorale per le elezioni regionali fra 8 mesi.

Però nei suoi comizi Erdogan non fa promesse elettorali, né parla di futuri progetti né molto meno dei vantaggi che hanno portato in questi anni di crescita economica.

I comizi hanno come obiettivo attaccare il suo avversario  Kemal Kılıçdaroğlu, presidente del CHP, attaccare Israele, Siria e le lobbies finanziarie che, secondo lui, stanno dietro le rivolte e soprattutto stanno dividendo la popolazione mediante la strumentalizzazione della religione. Il suo discorso si sviluppa nei termini LORO e NOI.

Loro, i terroristi. Quelli che sono entrati nella moschea con le scarpe, che hanno bevuto alcol e fatto sesso in gruppo (questo non è uno scherzo, e tale quale lo racconta Erdogan). Quelli che bruciano bandiere turche. Quelli che attaccano le nostre figlie che usano il velo…e così per un paio d’ ore…

In questa strategia lo sostengono i mezzi di comunicazione  più seguiti in Turchia, tutti in mano a gruppi vicini al primo ministro e che con il loro silenzio o le loro mistificazioni stanno contribuendo a creare due parti differenziate: i musulmani credenti e ignoranti, seguaci di Tayyip e il resto, in cui si include ogni tipo di gruppo con il denominatore comune anti AKP, ma con tante differenze che la loro riduzione ad un unico colore diventa impossibile.

Le televisioni che, al contrario, hanno trasmesso le proteste senza censura come Halk tv o Ulusa Kanal stanno ricevendo multe una dopo l’altra, secondo il governo perché la loro informazione può danneggiare lo sviluppo morale e mentale dei giovani.

E’ in cantiere, per finire di sistemare le cose, una nuova legge sopra i social network perché secondo il governo sono usate dai terroristi per incitare alla violenza…

 E proprio ieri, diventavano pubbliche le nuove indicazioni sulle capsule del gas lacrimogeno.  Ho fatto un post un paio di settimane fa sull’uso del gas che si raccomandava sulla capsula. Sulle nuove capsule sono cambiate le istruzioni. Così che dove prima si indicava che non si poteva “lanciare direttamente contro la gente” ora si indica che “non si possono lanciare direttamente contro persone che si trovino a meno di 3 metri”. E sono state cancellate le indicazioni “proibito lanciare al chiuso” o avvertenze come “lanciare con un angolo di 45 gradi verso l’alto”.

 
Intanto i protestanti hanno cominciato, come commentavo l’altro giorno, una serie di assamblee popolari in moltissimi quartieri della città. In queste si discutono, con totale libertà, le azioni da portare avanti…la loro convinzione: usare la via pacifica, le loro armi: la creatività, il loro obiettivo: le elezioni regionali fra otto mesi. Il loro maggior inconveniente: la diversità.

Sarà un cammino lungo, però non si torna indietro.

La loro massima: non dimenticheremo né permetteremo che si dimentichi! Questo è solo l’inizio! Che continui la resistenza! Avanti!

lunes, 24 de junio de 2013

Pomeriggio di garofani

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Oggi sabato 22 giugno, i manifestanti hanno convocato una riunione pacifica in piazza Taksim con l’intenzione di portare garofani al parco di Gezi in ricordo della 4 vittime che hanno perso la vita da quando sono cominciate le proteste e gli attacchi della polizia il 30 maggio
Il garofano è simbolo di libertà  rivoluzione da quando, il 25 aprile 1974, una donna portoghese regalò garofani ad alcuni soldati e questi li misero nelle loro carabine all’inizio della rivoluzione portoghese conosciuta più tardi come la rivoluzione dei garofani.



Immagine del 1974 in Portogallo

Però oggi, a Istanbul, la polizia ha impedito che i manifestanti entrassero nel parco in maniera totalmente pacifica. Il piano era lasciare i fiori, cantare alcune canzoni e poi ritirarsi. La polizia, che aveva fatto cordone intorno al parco, ha annunciato ai manifestanti per megafono:
“per favore, vuotate le piazza e lasciatela libera per i cittadini” . E nella sorpresa di tutti i sopraggiunti, circa 25.000 persone, inclusi molti bambini con le loro famiglie, la polizia ha cominciato un altro attacco con i cannoni ad acqua e lanci di gas lacrimogeno
Le mobilitazioni di sono disperse però molti di loro, indignati, si sono concentrati di nuovo nella strada di Istiklal e si mantengono tali per il momento, protestando con urla contro la polizia:
“polizia dimettiti, vendi ciambelle e vivi con onore”
“qualsiasi posto è Taksim e in qualsiasi posto resisteremo”
“Questo è l’inizio, la resistenza continua”


La maggior parte dei canali televisivi, controllati dal regime di Tayyip Erdogan, continuano a mantenere sotto silenzio la realtà; non trasmettono nessuna notizia o quando la trasmettono, come alcuni canali questa notte, è per comunicare che la polizia è dovuta intervenire, senza usare la forza, per dissolvere le manifestazioni di alcuni marginali…
(tutte le foto sono condivise da alcuni compagni attraverso i social network)
Questa era l’immagine della manifestazione prima dell’attacco della polizia.




 
Questa l’immagine dopo l’attacco della polizia.








Foto condivise dell’agenzia NAR.




Dopo la notte di scontri, ho parlato con uno dei miei amici, Çagri e mi assicura che ieri notte la polizia ha cambiato tattica; con attacchi leggeri nella strada principale di Istikal, dove normalmente si trovano giornalisti e fotografi, ed estremamente violenti nelle stradine, dove non hanno smesso di sparare con proiettili di gomma:
 (traduzione Panta Fika)
 

Le assemblee popolari a Istanbul

 
Queste sono le regole delle assemblee iniziate in più di 50 parchi di Istanbul: 
1-    Tutti hanno diritto di parlare, però solo seguendo un ordine di lista
2-    Quelli che ascoltano si possono pronunciare solo attraverso dei segni:
-       Incrociando le braccia quando non si è d’accordo con chi ha la parola
-       Alzando e agitando le mani quando non si è d’accordo
-       Chiedendo il cambio, come nel calcio, quando si vuole fermare chi sta parlando
3-  Nessuno interrompe, risponde né applaude

(Traduzione Panta Pinka)















Ritratti di Çapulcu

"Çapulcu” è il termine con cui il presidente della Turchia si è riferito a coloro che protestavano nel parco di Gezi nei primi giorni di mobilitazioni. “Çapulcu” è chi non ha di che vivere, chi non dispone di proprietà e si barcamena al limite della legalità per sopravvivere. “Çapulcu” è un/una marginale disprezzato/a dalla società.


Nelle foto che seguono vi presento una serie di persone autodefinitesi “Çapulcu”. Prima erano professore, studente, informatico, impiegato di banca, produttore, scrittore, giornalista, cantante, direttore, attore, avvocato, disegnatore, calciatore, cuoco, artista, insegnante di immersione e di yoga...
 (traduzione Panta Fika)






















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