viernes, 7 de junio de 2013

Cosa sta succedendo in Turchia?

Tutto è cominciato l’ultima settimana di maggio. Alcuni giovani attivisti si sono accampati nel parco di Gezi, accanto alla piazza di Taksim, centro nevralgico della città d’Istanbul, con lo scopo di impedire l’abbattimento degli alberi del parco e la costruzione al loro posto, di un grande centro commerciale.
I primi due giorni queste concentrazioni sono passate quasi del tutto inosservate, anche per noi, i vicini. Fino al terzo giorno, quando è arrivata l’aggressione premeditata della polizia che, alle 5:00 di mattina di giovedì 30 maggio, ha attaccato con gas lacrimogeno i giovani attivisti mentre dormivano, e dopo averli fatti uscire, ha dato fuoco alle loro tende da campeggio.




Il ruolo dei social network è stato fondamentale nell’inizio del movimento di solidarietà, che si è sparso come polvere da sparo, al vedere la brutale aggressione alla quale sono stati sottomessi i giovani manifestanti per mano delle forze dell’ordine.

Nella giornata di giovedì 30 maggio la gente ha cominciato a concentrarsi nel parco di Gezi, appoggiando gli attivisti e protestando contro le aggressioni della polizia. Il numero dei manifestanti passò in poche ore ad essere di decine di migliaia.
La notte del 30 maggio la gente ha iniziato ad occupare, oltre al parco di Gezi, anche la piazza contigua di Taksim, raggiungendo una concentrazione di circa 10 mila persone.

Quella notte è scoppiata nel centro di Istanbul il primo scontro tra manifestanti e polizia, lasciando immagini agghiaccianti, che ormai fanno parte della storia di questo Paese.



Le immagini provenienti dalla gente che stava per le strade e non dai mezzi d’informazione, e che si condividevano ad una velocità incalcolabile, possedevano tale veracità da provocare che la protesta dal centro di Istanbul scoppiasse progressivamente in quasi tutte le grandi città della Turchia, cominciando da Ankara, Izimir, Antalya, Eskisehir, Adana, Bursa o Antakya venerdì 31 maggio. Alla fine ad Istanbul gli scontri si concludono con lo sgombero dei manifestanti e allo sbarramento del parco Gezi e della piazza di Taksim da parte della polizia.


I mezzi di comunicazione, la maggior parte vicini al partito AKP, hanno cercato di fare completo silenzio sulla realtà, ad eccezione del canale Halk TV (una televisione minoritaria) e dell’agenzia di notizie DHA Dogan News Agency: http://www.dha.com.tr/ che hanno svolto un lavoro continuo e in diretta di tutto quello che succedeva ad Istanbul quanto nel resto delle città turche e che continua ancora in questo momento.



 Questo silenzio informativo da parte dei mezzi di comunicazione turchi hanno invece provocato l’incredulità e lo stupore dei mezzi d’informazione internazionali che, difronte l’evidente magnitudine delle proteste e la barbarica violenza delle forze dell’ordine, hanno iniziato una chiamata in difesa della libertà del popolo turco.





 Le reti sociali si sono accese, le immagini, video e hastag (#OccupyGezi) si sono moltiplicate in modo esponenziale, la gente usciva per strada, protestava dalle loro case, le proteste si sono poi trasformate in un malessere sociale che sembrava dormire aspettando di svegliarsi per appropriarsi delle strade, alzare la voce e dire BASTA…questo movimento, ormai aveva poco a che fare con la protesta iniziale, a favore del parco di Gezi e contro la costruzione di una zona commerciale:


Questo non riguarda un parco:
riguarda il fatto di non essere ascoltati
riguarda l’abuso di potere da parte dello stato
riguarda la manipolazione e censura dei medi di comunicazione
riguarda le minoranze indifese
riguarda la DEMOCRAZIA 

 


La mattina di sabato 31 nessuno dava credito alla mobilitazione cittadina; il risveglio è stato di così grande ampiezza che più di 40.000 persone si erano messe d’accordo per camminare dalla zona di Kadikoy (parte asiatica di Istanbul) fino alla piazza di Taksim, attraversando a piedi il ponte di Fatih, che unisce l’Asia con l’Europa, e lasciando immagini storiche ed inedite che evidenziano la forza dell’unione di un popolo.
Nonostante le spaventose immagini delle aggressioni della polizia di venerdì notte e di sabato mattina, la gente mostrava quasi più e solo stupore difronte alla risposta e la forte sollevazione del popolo. 






La gente che all'inizio, anche se solidale, si era mostrata preoccupata e timorosa, ha cominciato a sorridere ed animarsi difronte questa realtà; si respirava orgoglio e fraternità in tutte le conversazioni, la gente iniziava a dichiarare apertamente i suoi desideri, palesando la sua sorpresa per l’umanità:”Non possiamo lasciare che questo finisca in nulla”, “adesso basta! È il momento che cambino le regole!” ...

Giovani, anziani, genitori e bambini, gruppi di diverse ideologie e ciò che più ha sorpreso,  tifosi delle squadre di calcio rivali come  Besiktas, Fennerbaçe y Galatasaray, hanno marciato insieme per riprendersi il parco Gezi e la piazza di Taksim, che si sono trasformate nel simbolo della rivolta turca e, che da sabato primo di giugno, è protetta e si trova nelle mani del pueblo.
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