Tutto è cominciato l’ultima settimana di maggio. Alcuni giovani attivisti
si sono accampati nel parco di Gezi, accanto alla piazza di Taksim, centro
nevralgico della città d’Istanbul, con lo scopo di impedire l’abbattimento
degli alberi del parco e la costruzione al loro posto, di un grande centro
commerciale.
I primi due giorni queste concentrazioni sono passate quasi del tutto
inosservate, anche per noi, i vicini. Fino al terzo giorno, quando è arrivata
l’aggressione premeditata della polizia che, alle 5:00 di mattina di giovedì 30
maggio, ha attaccato con gas lacrimogeno i giovani attivisti mentre dormivano,
e dopo averli fatti uscire, ha dato fuoco alle loro tende da campeggio.
Il ruolo dei social network è stato fondamentale nell’inizio del movimento
di solidarietà, che si è sparso come polvere da sparo, al vedere la brutale
aggressione alla quale sono stati sottomessi i giovani manifestanti per mano delle
forze dell’ordine.
Nella giornata di giovedì 30 maggio la gente ha cominciato a concentrarsi
nel parco di Gezi, appoggiando gli attivisti e protestando contro le
aggressioni della polizia. Il numero dei manifestanti passò in poche ore ad
essere di decine di migliaia.
La notte del 30 maggio la gente ha iniziato ad occupare, oltre al parco di
Gezi, anche la piazza contigua di Taksim, raggiungendo una concentrazione di
circa 10 mila persone.
Quella notte è scoppiata nel centro di Istanbul il primo scontro tra
manifestanti e polizia, lasciando immagini agghiaccianti, che ormai fanno parte
della storia di questo Paese.
Le immagini provenienti dalla gente che stava per le strade e non dai mezzi
d’informazione, e che si condividevano ad una velocità incalcolabile, possedevano
tale veracità da provocare che la protesta dal centro di Istanbul scoppiasse
progressivamente in quasi tutte le grandi città della Turchia, cominciando da
Ankara, Izimir, Antalya, Eskisehir, Adana, Bursa o Antakya venerdì 31 maggio.
Alla fine ad Istanbul gli scontri si concludono con lo sgombero dei
manifestanti e allo sbarramento del parco Gezi e della piazza di Taksim da
parte della polizia.
I mezzi di comunicazione, la maggior parte vicini al partito AKP, hanno
cercato di fare completo silenzio sulla realtà, ad eccezione del canale Halk TV
(una televisione minoritaria) e dell’agenzia di notizie DHA Dogan News Agency: http://www.dha.com.tr/ che hanno svolto un
lavoro continuo e in diretta di tutto quello che succedeva ad Istanbul quanto
nel resto delle città turche e che continua ancora in questo momento.
Questo silenzio informativo da parte
dei mezzi di comunicazione turchi hanno invece provocato l’incredulità e lo
stupore dei mezzi d’informazione internazionali che, difronte l’evidente
magnitudine delle proteste e la barbarica violenza delle forze dell’ordine,
hanno iniziato una chiamata in difesa della libertà del popolo turco.
Le reti sociali si sono accese, le
immagini, video e hastag (#OccupyGezi)
si sono moltiplicate in modo esponenziale, la gente usciva per strada,
protestava dalle loro case, le proteste si sono poi trasformate in un malessere
sociale che sembrava dormire aspettando di svegliarsi per appropriarsi delle
strade, alzare la voce e dire BASTA…questo movimento, ormai aveva poco a che
fare con la protesta iniziale, a favore del parco di Gezi e contro la
costruzione di una zona commerciale:
Questo non riguarda un parco:
riguarda il fatto di non essere ascoltati
riguarda l’abuso di potere da parte dello stato
riguarda la manipolazione e censura dei medi di comunicazione
riguarda le minoranze indifese
La mattina di sabato 31
nessuno dava credito alla mobilitazione cittadina; il risveglio è stato di così
grande ampiezza che più di 40.000 persone si erano messe d’accordo per
camminare dalla zona di Kadikoy (parte asiatica di Istanbul) fino alla piazza
di Taksim, attraversando a piedi il ponte di Fatih, che unisce l’Asia con
l’Europa, e lasciando immagini storiche ed inedite che evidenziano la forza
dell’unione di un popolo.
Nonostante le spaventose immagini delle
aggressioni della polizia di venerdì notte e di sabato mattina, la
gente mostrava quasi più e solo stupore difronte alla risposta e la forte
sollevazione del popolo.
La gente che all'inizio, anche se solidale, si era mostrata preoccupata e timorosa, ha cominciato a
sorridere ed animarsi difronte questa realtà; si respirava orgoglio e
fraternità in tutte le conversazioni, la gente iniziava a dichiarare
apertamente i suoi desideri, palesando la sua sorpresa per l’umanità:”Non possiamo
lasciare che questo finisca in nulla”, “adesso basta! È il momento che cambino
le regole!” ...
Giovani, anziani, genitori e bambini, gruppi di diverse ideologie e ciò che
più ha sorpreso, tifosi delle squadre di calcio rivali come Besiktas, Fennerbaçe y Galatasaray, hanno
marciato insieme per riprendersi il parco Gezi e la piazza di Taksim, che si
sono trasformate nel simbolo della rivolta turca e, che da sabato primo di
giugno, è protetta e si trova nelle mani del pueblo.
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