Per il momento la notte del 31
maggio è la data più importante della rivolta turca, perché è quando la polizia
ha cessato di avere il controllo del parco di Gezi e della Piazza di Taksim,
che si sono trasformati nei due luoghi simbolo delle mobilitazioni.
Una rivolta che si è estesa in
quasi tutte le città della Turchia con l’identico denominatore comune:
“Hey yerde Taksim”
“Qualsiasi luogo è Taksim”
Questa idea dimostra che la
rivolta né si limita alla salvaguardia degli alberi del parco di Gezi, né si
riduce alla sola città d’Istanbul, ma che si tratta di un grido di mille e di mille turchi, in qualsiasi angolo della
Turchia, e anche in altri paesi.
Le concentrazioni non hanno
smesso di crescere tanto nel numero di persone quanto nelle diversità sociali
delle stesse. Non rispondono a nessuna ideologia comune, bensì ad un malessere
generalizzato provocato dall'asfissia alla quale il popolo si è visto
sottomesso durante molti anni e che adesso si manifesta a favore della libertà
di espressione, il rispetto per le minoranze e il desiderio di pace e di una democrazia al servizio del popolo, e non schiava degli interessi economici o
internazionali.
Bisogna ricordare che in Turchia convivono diversi tipi di cultura: turchi, curdi, arabi, armeni, rappresentanti dalle religioni arabe, in maggior parte sunniti, aleviti… ma anche cattolici romani, ortodossi, ebrei, e ovviamente, laici.
Bisogna ricordare che in Turchia convivono diversi tipi di cultura: turchi, curdi, arabi, armeni, rappresentanti dalle religioni arabe, in maggior parte sunniti, aleviti… ma anche cattolici romani, ortodossi, ebrei, e ovviamente, laici.
Sabato primo giugno il sole nasce
ad Istanbul per illuminare le immagini più emozionanti e più impattanti da
quando sono cominciati i movimenti di protesta.
All’incirca 40 mila persone hanno attraversato pacificamente il ponte di Fatih dall’Asia, per riunirsi nella Piazza di Taksim e celebrare la prima vittoria che, anche se simbolica, è il riflesso della forza di un popolo unito.
All’incirca 40 mila persone hanno attraversato pacificamente il ponte di Fatih dall’Asia, per riunirsi nella Piazza di Taksim e celebrare la prima vittoria che, anche se simbolica, è il riflesso della forza di un popolo unito.
L’attacco eccessivo da parte
delle forze dell’ordine, degenerato in forti scontri la scorsa notte, sulla
base dei commenti che si condividono nei social nekwork, ha causato diversi morti,
per lo meno due ad Istanbul ed uno ad Ankara. E risulta impossibile contrastare
questa informazione per via dell'inesistenza di comunicati ufficiali e del massivo
e vergognoso silenzio dei mezzi di comunicazione. Ma è tuttavia impossibile
negare la realtà delle immagini che hanno lasciato gli scontri:
Questi spiacevoli eventi, invece di provocare violenza o reazioni più
radicali, come siamo di norma abituati, hanno prodotto unità, riaffermando le
intenzioni pacifiche del movimento…anche se sì,
è vera l’esistenza di scontri attivi, provocazioni ed attacchi alle
forze dell’ordine da parte dei manifestanti, bisogna però dire che questi atti sono totalmente
giustificati dall'opinione generale, che considera necessario proteggere, al
meno per il momento, la libertà di manifestare e allo stesso tempo la libertà di
mantenere la zona di Taksim nelle mani dei manifestanti.
Fino a questo momento i mezzi di
comunicazione, nella loro gran maggioranza, sono rimasti al margine della
realtà. È completamente incomprensibile sì, ma allo steso tempo riflette e
mostra questo malessere e asfissia sociale della quale si è parlato prima. La
realtà è che la maggior parte dei mezzi di informazione o sono controllati dal
potere economico affine al governo o temono ritorsioni da parte di quest’ ultimo.
L’unica eccezione è la televisione Halk TV che insieme all’agenzia DHA (Dogan News Agency) ha continuato a documentare le proteste, trasmettendo in diretta tutto ciò che stava succedendo.
L’unica eccezione è la televisione Halk TV che insieme all’agenzia DHA (Dogan News Agency) ha continuato a documentare le proteste, trasmettendo in diretta tutto ciò che stava succedendo.
L' indignazione verso i mezzi
d’informazione ha fatto sì che, alcuni attori, artisti, musicisti o
presentatori televisivi, siano usciti in strada per appoggiare il popolo, e manifestando pubblicamente nella piazza di Taksim,
d’accordo con le proteste sociali e attaccando allo stesso tempo la vergognosa
sottomissione dei mezzi di comunicazione agli interessi politici e finanziari:
Il gruppo politico CHP, il
secondo rappresentante in parlamento, ai suoi tempi fondato da Kemal Ataturk,
viene segnalato da parte del presidente Tayyip come il responsabile del caos e
della manipolazione dell’opinione pubblica. Durante le sue prime dichiarazioni
ufficiali il presidente Tayyip Erdogan, ha attaccato per l’appunto il suo più
grande rivale politico, Kemal Kılıçdaroğlu, accusandolo di essere opportunista ed
aprofittatore:
“Kemal Kılıçdaroğlu cancella il suo miting a Kadikoy per spostarlo a Taksim. E siccome quando arriva a Taksim per
parlare nessuno l’ascolta, se ne va, allo stesso modo in cui è venuto” ( così
scherzava Tayyip Erdogan)
La verità è che il partito CHP ha
fatto un comunicato nel quale “difronte all’evidenza di questi avvenimenti”,
considerava "opportuno cancellare l’incontro di sabato primo giugno a Kadikoy,
con l’intenzione di prendere parte alla concentrazione di Taksim" e animava il suoi elettori ad “unirsi alle proteste, ma senza la bandiera
del partito e solo come cittadini”.
Il primo discorso pubblico trasmesso in televisione di Tayyip Erdogan del primo giugno suppone un punto
d’inflessione nel trascorso degli avvenimenti successi fino al momento, con
conseguenze inevitabili contro gli interessi dei mezzi di comunicazione, che
fino a quel momento non si erano pronunciati e che adesso hanno l’obbligo di
contestualizzare le dichiarazioni del presidente Tayyip.
Che messa in scena surreale:
quasi tutti i grandi mezzi d’informazione
emettono un comunicato del presidente che spiegava degli avvenimenti che
fino a quel momento non esistevano, tanto per i media come per l’opinione
pubblica.
Nel fine settimana tra il primo e
il 2 giugno cominciano a prendere forma e a differenziarsi le parti attive che
da questo momento iniziano a svolgere ruoli più importanti nel contesto
sociale, segnando gli avvenimenti dei giorni successivi:
1. La posizione del presidente Tayyip e del suo
governo verso i manifestanti è quella di ridicolizzarli, chiamandoli teppisti ignoranti, marginati
e terroristi, e avanzando minacce provocative come quella di riunire un milione
di suoi elettori per le strade, o ancora il giustificare l’uso della forza da
parte delle forze dell’ordine. Tutto questo causa il malessere generale e il
timore che possano verificarsi i primi contrasti tra la stessa cittadinanza. Il
suo viaggio a Rabat il 3 giugno evidenzia ancora di più la denigrazione
difronte all'evidente magnitudine delle mobilitazioni.
2. Il silenzio del mezzi di comunicazione mette
in evidenza l’assenza di libertà di un paese che va manipolando l’opinione
pubblica a favore degli interessi economici e politici dettati dal partito di
governo AKP e sostenuto dai grandi gruppi finanziari. Ma considerate le prime dichiarazioni del
presidente, si trovano obbligati ad entrare in gioco e a prendere posizione
difronte l’opinione pubblica, temendo possibili rappresaglie, questa volta però
da parte dei manifestanti.
3. Il
forte appello dei manifestanti è già indiscutibile. Se ne contano milioni, si distribuiscono in
tutta la geografia della nazione, accorpano tutte le diverse indoli sociali,
economiche, etniche, religiose, di età o sesso…
Non rispondono
a nessun interesse politico, ma al tempo stesso, li rappresentano tutti. Taksim si consolida, diventa il simbolo della
fraternità, solidarietà, rispetto e libertà.
Per la prima
volta i gruppi più marginali scendono per le strade a manifestare senza avere
paura di ritorsioni: prostitute, transessuali, omosessuali, curdi, si mescolano
con famiglie, lavoratori, studenti, funzionari, artisti, pensionati, credenti,
laici, formando un arcobaleno mani visto in Turchia ed inimmaginabile fino alla scorsa settimana.
No hay comentarios:
Publicar un comentario